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Coronavirus, questione di timing

Li Wenliang

Mina e Riccardo Cocciante cantavano, nel non poi così lontano 1985, la famosa “Questione di feeling”: <<Questione di feeling | Solo di feeling | Così per scherzo tra di noi | improvvisando un po’ | Ti seguo pure, vai>>.

Parafrasandoli, i media italiani hanno trattato “così per scherzo tra noi, improvvisando un po’” un’importante questione legata alla prevenzione e al contrasto al nuovo coronavirus (COVID-19): quella del timing, delle tempistiche.

Sì, perché dietro alle tempistiche legate allo scoppio dell’epidemia da nuovo coronavirus si nasconde il racconto dell’insabbiamento, delle macchinazioni del tremendo regime comunista cinese, dei mandarini col coltellaccio fra i denti che ordinano a un miliardo e quattrocento milioni di automi di eseguire gli ordini, pena la morte.

E questo racconto ha un protagonista, un eroe come in ogni buon racconto, che è Li Wenliang, medico morto venerdì 7 febbraio a Wuhan a seguito di un’infezione da COVID-19. Li sarebbe un whistleblower, un oppositore al regime comunista cinese, addirittura un martire della cristianità secondo senatori e autorevoli penne della stampa italiana.

Senza ombra di dubbio si può provare però che Li Wenliang tutto fosse tranne che un oppositore al Partito Comunista Cinese: in uno dei selfie che lo ritraggono e che sono diventati famosi, Li indossa una spilla che testimonia la sua appartenenza al PCC, che risale al suo secondo anno di università (2006). Ogni anno solo il 9% di chi richiede di poter entrare nel Partito e prestare giuramento riesce nel suo scopo, rendendo i ranghi del più grande partito politico del mondo molto selettivi.

Da ciò discende, almeno parzialmente, un’altra risposta: Li, a differenza di quanto affermato da Simone Pillon o Antonio Socci[1], non poteva essere cristiano o, quantomeno, non poteva esserlo in pubblico, data la sua appartenenza al PCC: né un attestato di battesimo, né un funerale sono stati ritrovati dalla chiesa di Wuhan e la moglie, l’unica che potrebbe riferire senza ombra di dubbio sulla sua fede, è ancora ricoverata per COVID-19.

Veniamo ora alla parte più succosa: Li era un whisteblower? Innanzitutto, Li non ha diffuso al pubblico la notizia dello scoppio del nuovo coronavirus. Ha infatti condiviso sulla chat “Classe di Medicina clinica dell’Università di Wuhan, anno 2004” la notizia che ci sarebbero 7 casi di SARS legati al famigerato mercato del pesce di Wuhan. Li prosegue scrivendo che “sono stati isolati in terapia intensiva nel nostro ospedale” e di “non far circolare questa informazione fuori dal gruppo e di dire alla propria famiglia e ai propri cari di prendere precauzioni”.

Tutto il dialogo fra Li e i suoi amici avviene fra le ore 17:43 e 18:42, ora cinese, del 30 dicembre 2019.

Già nove giorni prima del dialogo fra Li e i suoi colleghi, erano all’opera a Wuhan delle squadre mediche per trattare e identificare il primo cluster di pazienti affetti da una “polmonite di cause sconosciute”. Poco più tardi, il 27 dicembre 2019, la quasi totalità della sequenza genetica venne sequenziata e condivisa all’Istituto di biologia patogena dell’Accademia cinese delle scienze mediche (CAMS&PUMC).

Il 29 dicembre, un’indagine condotta dal dipartimento del Centro cinese per il controllo delle malattie (CDC) di Wuhan già segnalava quattro individui affetti da “polmonite di causa sconosciuta” ammessi al ricovero ospedaliero e legati al mercato del pesce di Huanan. Ciò diede il via a una serie di accertamenti locali, a nuove identificazioni e alla segnalazione, il 30 dicembre, delle autorità sanitarie provinciali di Hubei al CDC nazionale.

Siamo al giorno in cui Li Wenliang avrebbe comunicato ai suoi amici e compagni d’università la notizia dell’outbreak del nuovo coronavirus: in quelle stesse ore, la sera del 30 dicembre, la Commissione sanitaria municipale di Wuhan dirama su Weibo un “avviso urgente sul trattamento della polmonite di causa sconosciuta[2]”. Il media tedesco in lingua inglese DW riporta infatti che già dal martedì dell’ultima settimana del 2019 le autorità sanitarie cinesi starebbero investigando su 27 casi di una polmonite virale in qualche modo collegata con la SARS.

Il South China Morning Post – giornale con sede a Hong Kong e spesso critico del governo della mainland cinese – afferma che in quelle stesse ore si stavano tenendo la disinfezione del mercato del pesce.

L’ultimo giorno dell’anno, la tv di stato cinese (fonte Reuters[3]), riportava ufficialmente che la Commissione Sanitaria Nazionale era arrivata coi suoi esperti a Wuhan per condurre indagini, mentre l’organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, il Renmin Ribao, scriveva che le cause esatte del nuovo coronavirus fossero poco chiara.

Una ricerca di medici cinesi pubblicata sul The Lancet[4] afferma che al 2 gennaio erano 41 i pazienti ospedalizzati che avevano contratto secondo analisi di laboratorio un virus chiamato “2019-nCoV”. Nello studio, il gruppo cinese analizzava la loro condizione clinica, riportando sintomi, età ed evoluzione del nuovo coronavirus. A ciò segue, il 3 gennaio, la determinazione precisa da parte dell’Istituto nazionale cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie virali (IVDC) della sequenza genetica di quello che sarebbe diventato COVID-19.

Nelle stesse ore in cui tanto la Cina quanto il mondo erano a conoscenza dei fatti già da cinque giorni, Li Wenliang ha ricevuto l’avviso di reprimenda, in un linguaggio poco formale e senza basi legali nella Legge penale dell’amministrazione della sicurezza[5]. Che senso aveva per l’ufficio di pubblica sicurezza della municipalità di Wuhan intimare a Li Wenliang di “tacere e di non postare discorsi non veritieri su Internet”? Un mese dopo, il 4 febbraio, sarà la stessa Corte suprema del popolo ad ammettere[6] che l’atto rivolto a Li – e che, bisogna ricordarlo, non ha comportato l’arresto suo e dei suoi 8 colleghi – fosse illegittimo.

Timeline degli eventi

Ora, affermare che la risposta cinese sia consistita nel ritardare, sottacere o persino occultare in un contesto in cui oltre all’epidemia di COVID-19 si stava sviluppando la normale influenza stagionale, con una sintomatologia del tutto simile rispetto al nuovo coronavirus e che ogni anno, verosimilmente, colpisce milioni di cinesi, pare un’assurdità che solo la malafede potrebbe spiegare.

Se paragoniamo la risposta che Stati Uniti e Messico hanno avuto con l’influenza H1N1, il cui primo caso registrato negli Stati Uniti è datato 7 marzo e la prima risposta su scala nazionale degli USA si ha il 4 aprile, a un mese di distanza, il controllo e la prevenzione cinese è paragonabile, per tempistiche, a quella degli Stati Uniti. Inoltre, il primo atto di quarantena statunitense è del 25 aprile, con la chiusura dell’intero distretto scolastico di Schertz-Cibolo fuori San Antonio (Texas). La Cina ha invece provveduto a porre sotto quarantena, a partire dal 24 gennaio, non solo le scuole, ma l’intera provincia dell’Hubei, con quella che verrà ricordata la più ampia ed estesa quarantena della storia. Barack Obama attese fino al 23 ottobre per dichiarare lo stato di emergenza nazionale, mentre si accusa Xi Jinping, che ha preso in mano la situazione già dal 7 gennaio, di aver agito con drammatico ritardo.

Perché questo doppiopesismo, questo double-standard come direbbero gli anglofili?

Forse bisognerà ammettere, in particolare da parte di vari Giovanna Botteri e simili, sparsi per le redazioni di giornali e telegiornali, che non era tutta una <<Questione di feeling | Solo di feeling | Così per scherzo tra di noi | improvvisando un po’ | Ti seguo pure, vai>>, bensì la più articolata demonizzazione del mostro cinese, del dragone che spaventa i mercati e che terrorizza le élite politiche, economiche e moralizzatrici di un Occidente capitalistico in profonda crisi.


[1] Giovanni Drogo, ‘La storia del “testamento” di Li Wenliang, il medico “cristiano” di Wuhan morto per  coronavirus, https://www.nextquotidiano.it/testamento-di-li-wenliang-il-medico-cristiano-di-wuhan-morto-per-il-coronavirus/

[2] DW, 31/12/2019, China investigates SARS-like virus as dozens struck by pneumonia, https://www.dw.com/en/china-investigates-sars-like-virus-as-dozens-struck-by-pneumonia/a-51843861

[3] https://www.reuters.com/article/us-china-health-pneumonia-idUSKBN1YZ0GP

[4] https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30183-5/fulltext

[5] Donald Clarke, Wuhan police “letter of reprimand” to Li Wenliang: translation and analysis, The China Collection, 6/2/2020 https://perma.cc/T5TL-KVVT

[6] Nikkei’s Asian Review, Rebuked coronavirus whistleblower vindicated by top Chinese court, https://asia.nikkei.com/Spotlight/Caixin/Rebuked-coronavirus-whistleblower-vindicated-by-top-Chinese-court

One Reply to “Coronavirus, questione di timing”

  1. Vasco Vaz says: 12 Maggio 2020 at 10:36

    O capito bene l articolo perche capisco il necesario per legerlo in italiano. Bravo.

    Ma sarebe una buona idea una versione in inglese.

    Auguri dal Portogallo

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