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Il PTB: il successo dei marxisti del Belgio

marxisti del Belgio

di Alberto Ferretti

Mentre tra i comunisti europei è noto il radicamento e la relativa forza di partiti come quello portoghese, greco, spagnolo, cipriota, esiste un partito finora passato in secondo piano benché protagonista di battaglie fondamentali per tutti gli europei, in quanto esse si svolgono al centro “dell’impero”: stiamo parlando del PTB (Parti du Travail de Belgique – Partito del Lavoro del Belgio).

In controtendenza rispetto al declino evidente dei partiti comunisti in alcune zone dell’UE, il PTB è ormai accreditato, in Vallonia, del 18 % delle intenzioni di voto. E al livello nazionale gli ultimi sondaggi confermano tale successo, attestando il partito intorno al 17%. Una straordinaria progressione dal, pur ottimo, 5% delle ultime elezioni.

Stiamo parlando di un partito che nei testi statutari si definisce “partito comunista contemporaneo” e “parte del movimento comunista internazionale”. Fondato da Ludo Martens – scomparso nel 2008 e autore di un interessante libro su Stalin di cui consigliamo lettura (Stalin, un altro punto di vista, 1994). 

Si tratta di un movimento nato come gruppo studentesco maoista post-sessantottino, ma che nel corso degli anni ha saputo trasformarsi in partito, emanciparsi dall’immagine di setta autoreferenziale, adattare la comunicazione a un linguaggio efficace per il XXI secolo, e radicarsi sul territorio e nei luoghi del lavoro, indipendemente dalla separazione etnico-linguistica tipica della situazione belga.

I compagni del PTB sono sdegnosamente definiti marxisti dai giornali e dagli altri partiti, a tal punto che i liberali francofoni hanno addirittura proposto un “cordone sanitario” contro di loro, come quello che è stato proposto per i fascio-nazionalisti fiamminghi del Vlaams BelangNonostante tutto, il partito prospera anche in seguito alle rivelazioni sui cumuli di mandati dei partiti di governo federale e regionale e le remunerazioni spropositate intascate in primis dai socialisti francofoni.

Soprattutto, ha saputo intercettare politicamente le rivendicazioni delle lotte sfociate nelle proteste dell’autunno 2016 contro la Loi Peeters, che ha visto i lavoratori di tutti i settori industriali e dei servizi pubblici, gli studenti e i precari, scendere in piazza per opporsi duramente allo smantellamento di decenni di conquiste sociali, proprio come in parallelo accadeva in Francia. Il tutto, nel silenzio dei grandi media che preferivano puntare le loro telecamere altrove o sulle manifestazioni solo per riprendere gli “scontri” e diffamare il movimento.

Il PTB è estremamente critico verso l’attuale assetto UE, propendendo per una linea di vigoroso e radicale cambiamento dei rapporti di forza, che favorisca l’autonomia degli Stati in favore di misure per i ceti popolari e i lavoratori. Il PTB esige l’abolizione del Trattato di Lisbona, del Six Pact, e del potere coercitivo della Commissione sugli Stati membri, la difesa dei servizi pubblici e della spesa per investimenti in particolare nei Paesi del Sud. Inoltre, pretende la messa al bando degli hegde found, dei prodotti finanziari e della speculazione, intende ridare priorità ai parlamenti nazionali sulle organizzazioni UE e si batte per un salario minimo europeo. (http://ptb.be/programme/goleft9-une-europe-de-la-solidarite-et-de-la-cooperation).

Un modello interessante, non privo di contraddizioni certo, che ha tuttavia mostrato di sapersi adattare al non facile compito di portare avanti una critica comunista efficace e di massa al capitalismo contemporaneo nel cuore del liberismo europeo. Anzi, proprio per il fatto che il PTB opera al centro dell’UE, il suo rafforzamento costituisce un moltiplicatore positivo per le lotte di classe dei subalterni in tutto il continente, a partire da un Paese che appunto costituisce un luogo strategico dei conflitti politici che percorrono l’Europa.

Un’affermazione di una forza come il PTB in Belgio sarebbe senza dubbio un’opportunità per portare il conflitto di classe su posizioni più avanzate, per contribuire a diffondere le idee comuniste, il punto di vista di classe e la consapevolezza a strati sociali che hanno difficoltà a ricevere il messaggio comunista, vista la congiura del silenzio, e a tratti la repressione, che coinvolge i partiti comunisti e operai europei. 

3 Replies to “Il PTB: il successo dei marxisti del Belgio”

  1. Il liberismo: l’ideologia fondamentale del capitalismo – Ottobre says: 17 Giugno 2017 at 10:47

    […] Tuttavia tale operazione – per quanto furiosamente condotta con dedizione dagli intellettuali organici al Capitale – appare essere una forzatura ideologica. Per quanto le classi dominanti intendano educare tramite l’austerità e la predica morale le classi subalterne al peccato insito nel “privilegio” di aver goduto di determinate protezioni sociali non più tollerabili, e punire con le bombe e lo strumento terroristico i popoli colpevoli di essersi decolonizzati e ribellati (invece di essersi accontentati del ruolo di gestori locali dell’ordine imperialista nelle aree meno sviluppate del mondo), il processo di restaurazione liberista incontra già l’opposizione, per quanto disordinata e contradditoria, dell’ondata che i media descrivono come “populista”, la quale è una manifestazione del malcontento generalizzato, o delle importanti e inattese affermazioni di forze che si rifanno a temi esplicitamente socialisti (in Gran Bretagna, Francia, Belgio). […]

  2. Il Medio Oriente ha bisogno di dialogo, non di una nuova guerra * – Ottobre says: 11 Ottobre 2019 at 16:40

    […] Per maggiori informazioni sul PTB leggere anche il nostro precedente articolo Il PTB: il successo dei marxisti del Belgio […]

  3. Governo “sanitario” in Belgio: i rischi per i diritti sociali e il ruolo del PTB says: 6 Aprile 2020 at 18:02

    […] nel Parlamento Federale e conquistando anche un seggio al Parlamento Europeo. Storicamente piccolo partito di sinistra maoista, ha saputo aprire un dibattito interno, compiere un’attenta analisi della situazione attuale […]

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