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Ucraina: quale situazione dopo le elezioni

elezioni presidenziali Ucraina

di Luscino

Domenica 21 aprile, si è svolto in Ucraina il ballottaggio elettorale per le elezioni presidenziali. In lizza il presidente uscente Petro Poroshenko da un lato e dall’altro il terremoto che ha scosso la campagna elettorale negli ultimi mesi con la sua candidatura a sorpresa, cioè Vladimir Zelensky. Quest’ultimo, attore quarantunenne, è stato eletto Presidente dell’Ucraina per il prossimo quinquennio con ben il 73% dei voti, riuscendo a prevalere in tutte le zone del paese sul suo avversario. La vittoria netta dell’uomo nuovo Zelensky ratifica la sconfitta di una linea, quella apertamente atlantista, russofoba e bellicosa incarnata da Poroshenko. L’uomo designato dagli Stati Uniti come unico candidato alle elezioni farsa del maggio 2014 – le opposizioni erano state falcidiate dal golpe di Maidan e in certi casi perseguitate o fatte partecipare solo nominalmente (1) – era ancora il miglior rappresentante dell’asservimento totale dell’Ucraina all’aggressiva politica estera statunitense di questi ultimi anni.

La popolarità del re del cioccolato era ridotta ad un lumicino, e se si guarda alle sorprese che ha confezionato per gli ucraini in questo quinquennio ciò non dovrebbe affatto stupire. Per citarne solo alcune: 1) dal 2014 a oggi gli ucraini hanno visto raddoppiare il prezzo di praticamente qualsiasi bene di consumo, anche primario, addirittura triplicato per quel che riguarda il gas e le utenze principali 2) la moneta ha subito un forte deprezzamento, con il conseguente dimezzamento del valore dei salari medi ucraini passati dai 408 $ del 2013 ai 274 $ del 2017; naturalmente alla svalutazione della Grivna non ha fatto seguito nessun tipo di indicizzazione dei salari, solo un minimo risibile delle pensioni; 3) la produzione industriale in quattro anni si è ridotta di un terzo; 4) seguendo i memorandum dell’FMI si è inaugurata una massiccia campagna di privatizzazioni di molti settori dell’economia statale; 5) nel febbraio 2014 Yanukovic è stato cacciato per non aver voluto firmare il trattato di libero scambio e associazione con l’Unione Europea e dunque di aver privato gli ucraini del “sogno europeo” e di un sicuro sviluppo alla occidentale. Il Free Trade Agreement è stato pertanto firmato in pompa magna da Poroshenko nell’estate del 2014: ebbene, se nel 2013 l’Ucraina aveva esportato nell’Unione Europea beni per 17 miliardi di dollari, nel 2016 la cifra record è stata di… 13miliardi! (2)

Un successo, si fa per dire, che certamente valeva bene un golpe sanguinoso, una guerra civile che è costata decine di migliaia di vittime, la perdita di grandi porzioni di territorio, l’emigrazione di oltre 4 milioni di cittadini (prevalentemente verso Russia e Polonia  – qui costretti a lavorare come braccianti stagionali in condizioni di duro sfruttamento) e una società civile dove le tensioni etnolinguistiche e perfino religiose raggiungono livelli che non si sperimentavano da secoli. Per queste elezioni il popolo ucraino voleva: la fine della guerra, la pacificazione nel Donbas e il miglioramento delle condizioni di vita. Poroshenko, conscio delle sue mancanze, ha impostato la sua campagna elettorale su tre capisaldi fondamentali (3): potenziamento dell’esercito, difesa assoluta (meglio dire imposizione) della lingua ucraina in una nazione che è ancora a maggioranza russofona, difesa (meglio dire imposizione) della fede “nazionale”, vale dire lo scisma della Chiesa ortodossa ucraina dal patriarcato di Mosca, cosa avvenuta formalmente già alla fine del 2018 (4) e che ha già fatto registrare forti tensioni e lacerazioni fra i credenti. Quando si dice saper interpretare gli umori delle masse! Poroshenko, che alle elezioni farsa del 2014 aveva raccolto oltre il 53% dei voti venendo eletto al primo turno, il 31 Marzo scorso, nonostante una campagna elettorale pressante, ha raggiunto il 16% dei consensi accendendo al ballottaggio.

Chi ha fatto la parte del leone è senza dubbio Zelensky. Forte della primato raggiunto nel primo turno elettorale, doppiando addirittura con un 30% il suo diretto avversario Poroshenko, l’attore comico ha sfondato come una valanga in tutte le regioni del paese, in special modo in quelle di lingua russofona, ma non solo. La prevalenza di Zelensky è stata netta in quasi tutti i collegi elettorali dell’Ucraina lasciando al suo rivale soltanto le roccaforti filo-occidentali delle regioni di Leopoli e Ternopil e alcuni collegi della capitale. Per una geografia del voto, è bene ricordare anche che la Timoshenko, che ha raccolto il 13% dei consensi, ha conquistato molti collegi nella regione occidentale di Ivano-Frankovsk e il candidato Yuri Boyko, esponente dell’ex Partito delle Regioni, l’unica reale opposizione alle politiche dell’Ucraina post-Maidan, con il 12% ha guadagnato consensi unanimi nelle regioni del Donbas sotto il controllo di Kiev e in collegi della regione di Odessa (5). Questa geografia del voto, così come la preponderanza di Zelensky da est a ovest, dimostra chiaramente come gli ucraini siano largamente ostili alla vecchia classe politica riciclatasi al potere dopo il golpe di Maidan.

Zelensky, popolarissimo attore comico che con la sua satira politica fustigava in televisione tutti i peggiori caratteri dei corrotti politici ucraini, non poteva che rappresentare una valvola di sfogo per la frustrazione del popolo. La sua auto-candidatura, proclamata in diretta TV il 31 dicembre scorso, ha scatenato parecchie perplessità e ostilità in un ambiente politico che si è da sempre configurato, e ultimamente ancor di più, come un terreno di lotta fra bande. Zelensky, che ha sfondato in televisione nel canale di proprietà di Igor Kolomoisky, oligarca di primissimo piano dell’Ucraina maidanista, venne accusato di essere il burattino proprio del ex governatore di Dnepropetrovsk, il quale a sua volta era poi emigrato in Israele dopo violenti scontri politici con Poroshenko. Accuse prontamente smentite da ambo le parti e che tutto sommato non abbiamo ragione di avallare, sebbene Zelensky si dimostri ancora in buoni rapporti col suo ex editore. Kolomoisky, che era proprietario della banca privata più grande dell’Ucraina e che aveva visto nel 2016 il suo istituto venire nazionalizzato da Poroshenko, ha tuttavia affermato che con la vittoria di Zelensky tornerà in patria. (6)

Nella sua campagna elettorale, il neo-eletto presidente era stato piuttosto vago. Se come temi cardine aveva esposto i soliti propositi di lotta alla corruzione, snellimento della burocrazia per i cittadini e per le imprese, miglioramento della rete infrastrutturale, per i temi caldi e cari all’opinione pubblica, soprattutto la fine della guerra nel Donbas, è stato piuttosto ambiguo (7). Da un lato affermava la ferrea volontà di continuare con l’americanizzazione della politica estera ucraina con un referendum sull’ingresso nella NATO, dall’altro si diceva disposto a dialogare apertamente con Putin in modo costruttivo. Ovviamente questi tiepidissimi accenni di apertura hanno suscitato le violente invettive dei suoi avversari, in special modo Poroshenko, che accusavano Zelensky di volersi inginocchiare davanti a Putin (8). Dopo decise marce indietro e battute di spirito sulla questione, il neo-presidente non ha dato ulteriori delucidazioni sulla questione. L’unica cosa che sembra trasparire con certezza è che, sebbene non abbia parlato apertamente di pace limitandosi a ribadire la necessità di mantenere e rinnovare i dialoghi aperti con gli accordi “Minsk 2”, Zelensky abbia un approccio alla questione più morbida rispetto alla bellicosa intransigenza ostentata da Poroshenko negli ultimi anni e perfino nella campagna elettorale (9).

Tuttavia chi crede che la presidenza Zelensky possa rappresentare una rottura o una inversione di tendenza rispetto alla generale linea politica dell’Ucraina maidanista coltiva vane speranze. Certo, Poroshenko rappresentava il cavallo sicuro per gli Stati Uniti e per le loro politiche aggressive degli ultimi anni, ma Zelensky non rappresenta che la continuità, sotto le forme più digeribili della maschera amichevole del personaggio popolare, della vecchia politica oligarchica Ucraina.

E allora, in conclusione, chi è veramente Zelensky e qual è il suo ruolo nell’intricato ginepraio dell’Ucraina? Sicuramente la sua candidatura a sorpresa ha evitato che il malcontento assolutamente maggioritario nei confronti della politica di Poroshenko, e più in generale della dirigenza politica maidanista, potesse coagularsi attorno ad un candidato realmente di opposizione, fra tutti Yuri Boyko, uno degli unici politici ad aver apertamente parlato di pace e della necessità di una distensione dei rapporti con la Russia. Naturalmente bollato con l’infamante marchio di filorusso, è stato volontariamente tenuto ai margini del dibattito elettorale, benché i sondaggi gli conferissero dei numeri per nulla rassicuranti per i politici maidanisti. Dall’altro lato lo scontro per il ballottaggio che sembrava profilarsi, cioè Poroshenko contro Timoshenko, nauseava gran parte dei cittadini ucraini, costretti a scegliere fra due figure torbide e generalmente screditate. Pertanto, il rischio di trovarsi al ballottaggio un candidato filorusso era uno scenario da evitare assolutamente per l’oligarchia al momento dominante.

Oltre ad arma di distrazione elettorale, Zelensky, i cui propositi rimangono al momento poco intellegibili, potrebbe avere anche la funzione di distrarre le masse, come un paravento, dalle lotte di potere che inevitabilmente si staglieranno alle sue spalle fra gli oligarchi che continuano a tenere in ostaggio il paese sin dalla sua travagliata nascita.


  1. Ad esempio quanto accaduto al Partito Comunista Ucraino che, tramite il leader P. Simonenko, aveva disconosciuto le elezioni golpiste e dichiarato la non partecipazione del partito, salvo poi dover partecipare sotto minaccia in modo del tutto fittizio: http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-europa/24096-il-partito-comunista-di-ucraina-ritira-la-sua-candidatura-dalle-elezioni-presidenziali.html
  2. https://112.international/article/four-after-maidan-what-happened-to-the-ukrainian-economy-22917.html
  3. https://112.international/article/army-language-and-faith-three-pillars-of-poroshenkos-pre-election-game-33262.html
  4. https://ilmanifesto.it/scisma-ortodosso-lucraina-si-fa-una-chiesa-in-casa/
  5. https://elections.dekoder.org/ukraine/en
  6. https://gordonua.com/news/politics/kolomoyskiy-zayavil-o-namerenii-vernutsya-v-ukrainu-v-sluchae-pobedy-zelenskogo-na-vyborah-896744.html
  7. https://24tv.ua/ru/vladimir_zelenskij_predvybornaja_programma_2019_dokument_tekst_n1102100
  8. https://www.ukrinform.net/rubric-elections/2684837-zelensky-poroshenko-get-on-their-knees-during-presidential-debate.html
  9. https://www.unian.net/politics/10464603-zelenskiy-o-voyne-na-donbasse-my-ne-smozhem-izbezhat-peregovorov-s-rossiey.html

* Questo articolo è tratto dalla Pillola di Guerriglia Radio dedicata all’Ucraina: Ucraina: svolta comica o tragica continuità?“, di cui consiglio vivamente l’ascolto insieme agli altri Episodi e Pillole del podcast.

 

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